VIDEO | Nessuna premeditazione per Turetta, la difesa prova a smontare le aggravanti
“Se c’è la personificazione dell’indecisione e dell’insicurezza quella è Filippo Turetta” ha detto l’avvocato Giovanni Caruso nelle 3 ore di requisitoria in difesa del suo assistito reo confesso dell’omicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin, nel cercare di smontare le aggravanti che portano all'ergastolo chiesto ieri in aula dal pm, a partire dalla premeditazione dell'omicidio.
“Civiltà del diritto impone di giudicare Filippo Turetta con una mano legata dietro alla schiena, che non corrisponde alla legge del taglione” esordisce in aula di corte d’assise a Venezia l’avvocato Caruso.
“L’ergastolo ormai da molto tempo è ritenuto pena inumana e degradante , umanità è tendere alla rieducazione del condannato, tanto più in vista della giovane età, ovvero i 22 anni di Turetta. Considerando che la mielinizzazione del lobo frontale che consente di governare le passioni – dice Caruso – avviene a 25 anni".
“Da valutare, - ha proseguito la difesa, - la consistenza dell’omicidio passionale e se possa influire non sull’imputabilità che non è messa in discussione, ma sul grado di colpevolezza. Di un ragazzino – così l’ha definito il suo avvocato – non all’altezza di gestire le proprie emozioni, che si è sabotato nel tempo, tra debolezza, timidezza, impossibilità di incontrare l’apprezzamento altrui, fino a Giulia. Di un 22enne depresso, isolato in stile hikikomori, pronto a scontare la sua pena che non pensa certo – dice la difesa- ad evitarla, con il carcere, triste a dirlo, unico ambiente per lui ospitale in questo momento, unico posto dove possa incontrare umanità. La società oggi non pronta ad ospitarlo”.
Nessuna premeditazione dice la difesa: nell’agire di Turetta un’intermittenza che non radica il concetto stesso. Nessun idea fissa né ossessione del proposito criminoso, l’unica ossessione per Giulia, per stare con lei non di ucciderla come è arrivato a fare in un corto circuito in preda all’emotività.
La famosa lista delle cose da fare e comperare sarebbe piuttosto la dimostrazione che la premeditazione non vi è stata dice Caruso: se uccido una persona devo legarla, metterle un calzino in bocca, silenziarla col coltello o chiudere le portiere della macchina? “ In quel parcheggio quella sera stavo pensando se rapirla – spiega Turetta – ma non sapevo, l’unica cosa che volevo in quel momento era stare con lei”.
Non tornerebbe neanche l’aggravante della crudeltà – dice Caruso – non bastano le 75 coltellate, Turetta si ferma quando si accorge di averla colpita in faccia, “mi sono fermato – dice – non avrei voluto colpirla in certi punti”…
Gli atti persecutori contestati dall’accusa, poi, presuppongono un timore della vittima per la propria incolumità che Giulia non provava.
Lei stessa ha proposto quella tragica notte dell’11 novembre 2023 la serata insieme al centro commerciale, lei stessa continuava a sentire e frequentare Filippo né aveva mai manifestato al padre o agli amici di nutrire nessuna paura nei suoi confronti. Avevano già preso i biglietti per un concerto che sarebbero andati a vedere come tanti altri insieme a dicembre…
In aula oggi non c’era Gino Cecchettin né nessun altro familiare. Ci saranno la settimana prossima, il 3 dicembre, ultimo appuntamento in aula con la sentenza...