Economia di Redazione , 26/11/2024 9:00

Orcel manda all'aria il terzo polo con Mps, Mef: C'è il Golden Power

Giancarlo Giorgetti
Giancarlo Giorgetti

L'offerta di Unicredit irrompe come un ciclone su Piazza Meda, sede di Banco Bpm, ma travolge con la sua coda anche il germoglio del terzo polo bancario, faticosamente coltivato dal governo con il collocamento del 15% di Mps alla banca guidata da Giuseppe Castagna, affiancata da Anima, dalla holding della famiglia Del Vecchio, Delfin, e dal gruppo Caltagirone. Se infatti l'operazione orchestrata da Andrea Orcel dovesse andare in porto il paesaggio bancario italiano cambierebbe radicalmente: due grandi poli, Intesa e Unicredit, e alcune realtà di medie e piccole dimensioni. Il Banco, da pietra angolare di un terzo polo con Anima e Mps, si tramuterebbe in un mattoncino dell'impero paneuropeo di Orcel.

Per Siena, che non a caso in Borsa è andata male (-2,8%), la strada del terzo polo si restringe a Unipol, azionista di controllo di Bper e della Popolare di Sondrio, le cui aperture verso il Monte sono state respinte dal governo più per ragioni politiche - la compagnia è controllata dalle 'Coop rosse' - che industriali. A meno che il governo, per difendere il suo progetto, non chieda aiuto ai francesi dell'Agricole e alle munizioni, ancora una volta, di Delfin e Caltagirone. L'irritazione maggiore è stata della politica, informata praticamente in contemporanea con il mercato: il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, ha sguainato l'arma del golden power, sottolineando il dovere di Unicredit, ai sensi della normativa sui poteri speciali, di notificare l'operazione al governo e riservandosene il vaglio. Il passaggio alla valutazione del golden power - spiegano fonti di governo - è previsto dalla normativa e, come sempre accaduto in passato per casi simili, prevede un attento esame da parte degli uffici competenti. Più crudo il vice premier, Matteo Salvini, che prima ha definito Unicredit una "banca straniera" e poi l'ha accusata di voler "fermare l'accordo Bpm-Mps".

Tra gli stessi analisti, che riconoscono unanimemente la valenza industriale dell'operazione, si ammette, come scrive Mediobanca, che l'Ops "potrebbe avere lo scopo di evitare l'ulteriore crescita inorganica di Banco Bpm". Oggi, intanto, si riunirà un cda della banca milanese, già in agenda ma la cui convocazione è stata spostata da Verona a Milano vista la gravità dell'ora. Nessun commento sull'affondo di Unicredit, che ha colto tutti in contropiede e minaccia di chiudere una storia che affonda le sue radici nel 1865. Ci si attende una prima valutazione dell'offerta, che il mercato ha già giudicato bassa, come dimostra il testacoda in Borsa dei due titoli. Dopo il tonfo di Unicredit la valutazione del Banco sulla base del concambio offerto scende da 6,66 a 6,35 euro contro i 7 euro a cui il titolo è scambiato a Piazza Affari.

La passivity rule, che difende la contendibilità delle società quotate dagli arrocchi del management, lega le mani a Castagna, che dovrà farsi approvare dai soci qualsiasi operazione difensiva, fosse un aumento del prezzo dell'Opa su Anima, come ha sottolineato Orcel, o una fusione con Mps. L'azionariato del Banco è piuttosto frammentato e a farla da padrone è il mercato, che guarda ai ritorni e non alle poltrone: il patto a cui aderiscono alcune Casse previdenziali e fondazioni raggruppa il 6,5% del capitale (a cui si aggiunge qualche quota fuori patto), Caltagirone ha circa il 2%, il fondo Leone & Partners, che ha sempre ammiccato ad Unicredit, circa il 5%.

L'unico azionista che potrebbe avere la forza per giocare un ruolo, seppur con l'handicap di indossare la maglia francese, è il Credit Agricole, titolare di poco meno del 10% del Banco, con cui ha un accordo nella bancassicurazione danni. Ma per ora la banca transalpina, già presente in forze in Italia, suo primo mercato estero, non commenta.