Politica di Redazione , 24/06/2025 18:20

Terzo mandato, la Lega ci riprova. Fdi: Idea tramontata

Vincenzo De Luca e Luca Zaia
Vincenzo De Luca e Luca Zaia

Ennesimo colpo di scena sul terzo mandato per i governatori. Nonostante l'intesa nel centrodestra non si sia materializzata, la Lega decide comunque di presentare, per la quarta o quinta volta, una proposta per superare il limite di due consiliature per i presidenti di Regione e adesso si dovrebbe arrivare, per l'ennesima volta, a un voto. Che non farà che certificare la divisione della maggioranza, anche perché Fratelli d'Italia, visto che l'apertura a discuterne non ha portato frutti, dovrebbe mantenere la sua posizione originaria e votare contro l'emendamento presentato dai leghisti veneti, insieme a una rappresentanza di senatori del Nord.

La giornata inizia con la sorpresa del partito di Matteo Salvini che a ora di pranzo, dopo le comunicazioni di Giorgia Meloni sulle crisi in vista del vertice Nato e del Consiglio europeo, deposita un testo stringato che punta a cancellare il limite di due mandati sostituendoli con "tre". Non solo: le poche righe prevedono una postilla tecnica 'salva-Zaia', che se si ricandidasse, sarebbe in realtà per il suo quarto mandato. Il veicolo scelto, già individuato prima della rottura tra alleati, è quello giusto: un ddl sui consiglieri regionali che è all'esame del Senato con una corsia preferenziale (la sede "redigente", previo accordo tra tutti i gruppi), che taglia i tempi dell'Aula.

Poche speranze però, come ammettono anche in casa Lega, sul successo dell'operazione. Quello che mostra, di fatto, è una continua sfida interna tra alleati. "E' la nostra battaglia. Andiamo a vedere in modo chiaro e inequivocabile come si manifesterà il voto" dice esplicitamente rivolto a Fratelli d'Italia Paolo Tosato, primo firmatario dell'emendamento. Nella Lega (e nella Liga veneta) in queste settimane è rimasto sempre alto il sospetto che quello degli alleati fosse un bluff. Ma oggi non ci sono le precondizioni per sostenere quella proposta, argomentano i meloniani, proprio perché a fronte dell'offerta di discuterne avanzata da Giovanni Donzelli per conto del partito qualche settimana fa, alla fine non ci si è seduti a nessun tavolo e la spaccatura si è concretizzata a suon di dichiarazioni belligeranti tra leghisti e Forza Italia. Il niet degli azzurri è sempre rimasto tale anche se, come dice in chiaro sempre Tosato, le "interlocuzioni" ci sono state eccome almeno fino a qualche giorno fa.

E mentre si aspetta di vedere consumare il probabilissimo ultimo atto sul terzo mandato giovedì, quando si voterà in commissione, rimane aperto il rebus del Veneto, che la Lega rivendica a prescindere da Zaia, e dove il favorito rimarrebbe il vice di Matteo Salvini, e segretario veneto, Alberto Stefani. "Una decisione che io sappia" non c'è, "non vedo certezze" ma "io vedo più un tramonto che un'eclissi" il vaticinio di Ignazio La Russa, che nei giorni scorsi aveva più volte precisato di non essersi occupato direttamente della questione che era appannaggio "dei partiti e dei gruppi". Ma che sembra mettere una pietra tombale sulla questione. Il Parlamento "è sempre sovrano e vedremo cosa accadrà" ma "non sto seguendo questa partita", si chiama fuori nel frattempo uno dei principali interessati, Luca Zaia.

Oramai "sembra un disco rotto", commenta a caldo Massimiliano Fedriga, che tanto si era speso sui mandati, riuscendo pure a spuntare un documento della conferenza delle Regioni. Nella maggioranza "ognuno si prenderà le sue responsabilità" ma certo non è "eliminare l'avversario per legge" la via migliore, aggiunge volutamente ambiguo rispetto ai destinatari. Le opposizioni o gli alleati? Di sicuro la proposta di bandiera della Lega non raccoglie il favore del Pd, che anzi, respinge come una "provocazione" l'idea di una modifica ai mandati in extremis (che peraltro rimetterebbero in corsa pure Vincenzo De Luca in Campania).