Piccola zecca, grande rischio: prevenzione alla TBE anche in Veneto

Con l’inizio della bella stagione e con le giornate che si allungano, riprende anche la voglia di dedicarsi alle attività all’aria aperta, che si tratti di una semplice passeggiata a contatto con la natura o di sport immersi tra i boschi e i paesaggi mozzafiato di montagna.
Durante il periodo primavera-estate, però, è importante ricordare che i grandi spazi verdi e le aree boschive possono nascondere delle insidie. Questi ambienti sono habitat d’elezione per le zecche, piccoli parassiti vettori di malattia, che vivono in prossimità del suolo, nell’erba alta, in parchi, giardini, pascoli e prati.
Le zecche infette, attraverso il loro morso, possono trasmettere gravi malattie, come l’Encefalite da Zecca, nota anche con l’acronimo TBE (dall’inglese Tick-Borne Encephalitis) - una malattia infettiva virale che può coinvolgere il Sistema Nervoso Centrale e provocare problemi neurologici a lungo termine, in alcuni casi anche la morte.
Nonostante l’Italia nella sua totalità sia considerata un paese a basso rischio per la TBE, l’incidenza di questa malattia ha registrato una crescita sin dai primi anni 2000, sicuramente associata a fattori ecologici, tra cui aumento della popolazione delle zecche anche in alta montagna, sociali (modifiche comportamentali, aumento delle attività umane all’aperto) e tecnologici, intesi come miglioramento delle capacità diagnostiche.
I casi di TBE sono stati segnalati soprattutto nel Nord-Est e nel Centro del Paese, tra quelle zone endemiche identificate nelle regioni del Triveneto, con particolare riferimento al Friuli-Venezia Giulia, alle provincie autonome di Trento e Bolzano e al Veneto. Nella provincia di Belluno si registrano i tassi più elevati di incidenza.
Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, dal 1 gennaio al 5 dicembre 2024, sono stati confermati 50 casi di infezione neuro-invasiva – TBE, 48 casi autoctoni e 2 associati a viaggi all’estero, e 2 decessi. Il 68% dei casi era di sesso maschile e l’età media era di 55 anni. I casi hanno registrato un picco tra i
mesi di maggio e settembre, quando aumenta il rischio di infezione vista la necessità delle zecche di calore e umidità per essere attive.1
Non esiste una terapia antivirale specifica per la TBE, ma se si vive o si trascorre un periodo di vacanza nelle zone endemiche si possono seguire alcuni accorgimenti per prevenire la puntura della zecca e la malattia: indossare indumenti protettivi con maniche lunghe, pantaloni lunghi e stivali e utilizzare congiuntamente uno spray insetticida appropriato; ispezionare bene il proprio corpo dopo aver effettuato attività all’aria aperta per escludere la presenza di zecche e, nell’eventualità, rimuoverle utilizzando delle pinzette dalla punta sottile; evitare, nelle aree a rischio, il consumo di latte e di prodotti del latte non pastorizzati.
La vaccinazione, in ogni caso, è considerata la misura preventiva più efficace contro l’encefalite da zecca nei Paesi endemici.
“Pfizer è da sempre impegnata nel promuovere una cultura della prevenzione con l’obiettivo primario di contribuire a proteggere la salute pubblica.” afferma Barbara Capaccetti, Direttore Medico di Pfizer in Italia. “Riteniamo, infatti, fondamentale sensibilizzare le persone sui rischi dell’Encefalite da Zecca (TBE) e sulle misure da adottare per proteggersi. Conoscere aiuta a scegliere in maniera consapevole. Pfizer continuerà a lavorare senza sosta per diffondere informazioni corrette e promuovere sane abitudini di vita, nella convinzione che la prevenzione sia la chiave per tutelare la salute e il benessere delle persone.”
In Italia, secondo quanto definito nel Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale (PNPV) valido per il triennio 2023-2025 la vaccinazione anti-TBE è inserita tra le vaccinazioni raccomandate per i soggetti a rischio per determinati comportamenti o condizioni, in particolare per i lavoratori in aree endemiche, in zone rurali e boschive (come contadini e militari) e per la popolazione residente in determinate aree stabilite “a rischio” se in un anno si registrano più di 5 casi di TBE ogni 100.000 abitanti.
Altra quota non trascurabile è quella turistica che pianifica attività ludico-ricreazionale all’aria aperta, in cui spesso il rischio espositivo non è poco noto, perciò è inserita tra le vaccinazioni raccomandate anche per i viaggiatori.
Il rischio di TBE è sottostimato, in particolare nei bambini, nei quali i sintomi sono frequentemente aspecifici e mostra generalmente un decorso più mite che può portare ad una diagnosi scorretta, a meno che non vengano effettuati di routine i test sierologici per TBE.
La TBE
La Tick-Borne Encephalitis (TBE) è considerata un crescente problema di sanità pubblica a livello internazionale. In Europa la malattia è notificabile dal 2012, nonostante ciò, resta ancora una patologia poco nota in Italia ed esiste una limitata consapevolezza dei rischi e delle forme di prevenzione attuabili.
Dopo aver contratto la TBE, 1 persona su 3 può riportare effetti a lungo termine2 che possono durare mesi o anche anni. Molto raramente può portare fino alla morte.
Dopo il morso di zecca infetta nell’uomo, nel 70% dei casi circa, si manifesta un’infezione senza o con sintomi poco rilevanti, che può passare inosservata. Nel restante 30% dei casi, dopo 3-28 giorni dal morso di zecca si ha una prima fase con sintomi similinfluenzali come febbre alta, mal di testa importante, mal di gola, stanchezza, dolori ai muscoli e alle articolazioni per 2-4 giorni. Poi la temperatura scende e in genere non ci sono ulteriori conseguenze. Nel 10-20% di questi casi, dopo un intervallo senza disturbi di 8-20 giorni, inizia una seconda fase caratterizzata da disturbi del sistema nervoso centrale (encefalite, paralisi flaccida a esito mortale nell’1% dei casi).