Pfas e inquinamento in Veneto, l'appello di Legambiente

Giunta alla quarta tappa del 2025, la campagna itinerante “Operazione fiumi - Esplorare per custodire”, realizzata da Legambiente Veneto con il supporto tecnico di ARPAV, il contributo di COOP Alleanza 3.0 e BCC Veneta Credito Cooperativo e con il patrocinio delle Autorità Distrettuali di Bacino del fiume Po e delle Alpi Orientali, approda a Cologna Veneta sulle sponde del Fratta Gorzone. Rilanciato l’appello al governatore Zaia e alla Regione per un intervento tempestivo straordinario per contenere l’elevata presenza di PFAS, erbicidi e fungicidi.
Dal 2021 Legambiente Veneto con “Operazione fiumi” scatta una fotografia su alcuni dei suoi principali corsi d’acqua: Po, Adige, Sile, Dese, Piave, Livenza, Retrone, Bacchiglione, Brenta e – appunto – Fratta Gorzone. Una fotografia che non sostituisce i monitoraggi ufficiali ma si affianca alle indagini dell’Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione dell’Ambiente che monitora con continuità i corsi d’acqua, restituendo ogni anno un quadro completo dello stato di salute dei bacini idrografici della regione.
Le analisi condotte da Legambiente sul Fratta Gorzone restituiscono un quadro apparentemente sotto controllo della depurazione, con valori di Escherichia Coli inferiori alle 5000 MPN/100ml a valle dello scarico del Consorzio Arica, recapitante i reflui dei cinque depuratori del distretto della concia della valle del Chiampo. Se la carica batterica risulta entro i limiti, altrettanto non è la restante composizione dello scarico, che si presenta di colorazione nera diluita solo dal contributo idraulico del canale L.E.B. che si immette nel Fratta poco distante, ad integrare la portata del fiume troppo esigua per tamponare lo scarico di Arica.
Storicamente il bacino idrografico del sistema Fratta Gorzone possiede uno stato chimico penalizzato dalla presenza diffusa di valori di PFOS lineare superiori ai limiti previsti dalla normativa e da due casi di superamenti della concentrazione massima ammissibile di Aclonifen (pesticida). I superamenti degli Standard di Qualità di PFOS lineare sono connessi al noto fenomeno di inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) delle acque superficiali e delle falde acquifere interessanti territori delle province di Vicenza, Verona e Padova e derivante dal sito contaminato ex Miteni SpA. Gli affluenti che danno origine al Fratta Gorzone originano infatti da acque di falda dell’acquifero contaminato da Miteni. Se è pur vero che dal 2013 le concentrazioni di PFAS sono drasticamente diminuite, i valori restano preoccupanti in considerazione del fatto che le acque del fiume vengono utilizzate per scopo irriguo nelle produzioni agricole.
Esiste comunque un problema di fondo di distrofia del fiume con valori chimici dello stato trofico (azoto, fosforo, livelli di ossigenazione, ecc.) che non raggiungono lo stato di qualità buono, previsto dalla Direttiva 2000/60/CE, dell’indice LIMeco. Le fonti di origine puntuale, come gli scarichi dei depuratori, e quelle diffuse, pesticidi utilizzati in agricoltura e i PFAS in falda, non consentono al fiume Fratta Gorzone di raggiungere neanche la sufficienza dello stato di qualità delle acque in molte stazioni di monitoraggio ARPAV.
“È evidente che c’è ancora molto lavoro da fare per arrivare a condizioni accettabili” – dichiara Giulia Bacchiega, portavoce della campagna “Operazione fiumi” di Legambiente Veneto – “sia dal punto di vista ambientale che della salute umana, in considerazione degli utilizzi delle acque del fiume. Sono anni che Legambiente chiede alle istituzioni di agire, anche alla luce della grave contaminazione da PFAS provocata dall’ex sito produttivo Miteni di Trissino. Per questo oggi, assieme a tante altre associazioni e realtà locali, in nome del popolo inquinato chiediamo giustizia ambientale per un sito e un fiume contaminati e da bonificare subito”.
Circa la grave situazione del sito dell’ex Miteni, che risulta essere il principale indiziato del grave inquinamento da PFAS, hanno discusso oggi tante associazioni e cittadini riuniti da Legambiente: Acli, Agesci, Arci, Azione Cattolica Italiana, Libera e Mamme No Pfas. In nome del popolo inquinato, tutte insieme hanno chiesto ancora una volta ecogiustizia subito, ricordando che a Vicenza si sta avviando a conclusione uno tra i più grandi processi di inquinamento ambientale che la storia d'Italia ricordi: il processo ai vertici delle aziende che si sono avvicendate nella gestione del sito produttivo di Trissino in provincia di Vicenza.
Legambiente si è mossa sin dagli albori di questa vicenda, anche sul piano legale, per chiedere l'accertamento delle responsabilità, ma soprattutto per richiamare alla necessità di agire subito, a prescindere dagli esiti giudiziari, mettendo in atto la bonifica urgente del sedime inquinato che ha provocato e continua a provocare una delle più estese contaminazioni acquifere con cui i veneti sono costretti a confrontarsi da decenni: dalle acque di falda – rese pericolose ai fini idropotabili ed irrigui per un bacino di circa 350mila persone sparsi in un’area di più di 180 km quadrati – ai corsi d’acqua superficiali che attraversano quei territori (Fratta Gorzone, Bacchiglione, Retrone, Adige) esposti ad una persistente presenza di questi forever chemicals, con conseguenze negative per l'ecosistema, la salute e per l’economia produttiva.
“Riteniamo che durante il processo che vedrà l’ultima udienza svolgersi il prossimo 26 giugno, sia stato provato senza ombra di dubbio che l'inquinamento da PFAS e da altre sostanze (C604 e GenX) proviene dal sito Miteni e sia imputabile alla gestione, anche recente, dell'impianto industriale" ha commentato l'avvocato Enrico Varali che patrocina le parti civili Legambiente Nazionale, Legambiente Veneto e il circolo Perlablu di Cologna Veneta. "Confidiamo – ha proseguito l’avvocato Varali – che la Corte confermi l'ipotesi accusatoria della Procura per tutti gli imputati e che, soprattutto, confermi la natura dolosa dei reati contestati perché durante il processo è emerso con chiarezza che per troppo tempo la dirigenza della Miteni ha volutamente ignorato e, poi, omesso di comunicare agli enti di vigilanza e controllo preposti che le sostanze prodotte nel sito di Trissino avevano contaminato la falda acquifera e, comunque, si erano disperse anche nelle acque superficiali. Rimane, intatto, il problema della bonifica di un sito gravemente inquinato, ma speriamo che l'esito positivo del processo possa essere un primo passo per chiamare a responsabilità anche le proprietà della Miteni succedutesi nel tempo, e cioè la Mitsubishi Corporation e la ICIG, una responsabilità che deve anche comportare la bonifica del sito".
“L’inquinamento causato dallo stabilimento Miteni di Trissino è, per dimensioni, impatto ambientale e rischi per la salute delle persone, un caso di rilevanza nazionale. Per questo abbiamo deciso di organizzare a Cologna Veneta una tappa straordinaria della campagna “Ecogiustizia subito” – afferma in proposito Enrico Fontana, responsabile dell’Osservatorio nazionale Ambiente e legalità di Legambiente – che abbiamo promosso insieme ad Acli, Agesci, Azione Cattolica, Arci e Libera. Si sta ripetendo anche qui, infatti, lo stesso scenario che abbiamo denunciato per i Siti d’interesse nazionale, nei quali su 148mila ettari di aree inquinate solo il 6% è stato bonificato, percentuale che scende addirittura al 2% per le falde. Con l’attuale media di 11 ettari bonificati all’anno ci vorranno mediamente, per i siti più virtuosi o fortunati, almeno 60 anni prima di vedere l’iter concluso. Tempi inaccettabili, soprattutto quando è messo in pericolo il diritto alla salute”.
Legambiente, per voce del proprio Circolo Perla Blu di Cologna Veneta, esprime infine una forte preoccupazione per la situazione ambientale del Fratta Gorzone, un corso d’acqua che da oltre cinquant’anni è ridotto, di fatto, a un canale di scolo a cielo aperto per i reflui industriali provenienti dalla valle conciaria del Chiampo. Dal 2007, questi scarichi sono convogliati nel comune di Cologna Veneta tramite il collettore Arica, ma ciò non ha portato a una reale bonifica del corso d’acqua né a un miglioramento significativo della qualità ambientale del territorio.
L’ultima autorizzazione regionale allo scarico rilasciata per il collettore introduce, è vero, alcuni elementi positivi: vengono imposti limiti più stringenti per sostanze come nichel e cromo, e si prevede l’introduzione di misurazioni in termini di massa – oltre a quelle in concentrazione – per cloruri, solfati e cromo totale; inoltre, viene ampliata la lista delle sostanze PFAS da monitorare, passando dalle 14 analizzate fino al 2024 a un totale di 26. Tuttavia, questi miglioramenti tecnici non affrontano le criticità strutturali e sistemiche che Legambiente denuncia da tempo.
“In particolare – dichiara Piergiorgio Boscagin, presidente di Legambiente Perla Blu – evidenziamo che lo spreco di parte dell’acqua irrigua del canale LEB continua. Acqua sacrificata per permettere lo scarico delle sostanze inquinanti veicolate dal collettore Arica nel Fratta -Gorzone, mentre allo stesso tempo constatiamo l’inerzia rispetto agli interventi di bonifica del letto del fiume, ormai contaminato da decenni di scarichi”.
A queste condizioni si aggiungono investimenti pubblici che Legambiente ritiene profondamente inefficienti: oltre 20 milioni di euro per il prolungamento del collettore su un tratto di appena 3,8 km per un’opera che non porterà reali miglioramenti alla qualità dei reflui trasportati, e più di 60 milioni di euro per la costruzione del cosiddetto "Tubino", un’infrastruttura pensata per bypassare parzialmente le attuali prese irrigue che pescano direttamente dall’acqua inquinata del fiume.
“In totale – conclude Boscagin – sono circa 80 milioni di euro di fondi pubblici spesi in interventi che, a nostro avviso, non porteranno miglioramenti reali e rischiano di consolidare un sistema che da sempre ignora il principio fondamentale del “chi inquina paga”. Un approccio che perpetua l’idea che sia la collettività a doversi far carico dei danni ambientali prodotti dalle attività industriali, che dovrebbe essere superato da un una politica più attenta alla tutela del territorio e della salute dei cittadini”.