Economia di Redazione , 10/05/2025 9:12

Bertin (Ascom): "L'inflazione non è quella vera ma quella percepita: così calano i consumi"

Patrizio Bertin
Patrizio Bertin

Un'inflazione al 2% percepita al 10%. E' quello che succede in Italia a fronte di stipendi bassi e incertezze, soprattutto internazionali.

Se si escludono i generi alimentari che più di tanto non possono essere compressi (almeno in quantità, perché in qualità la compressione esiste e la conferma arriva dal fatto che il più colpito, in tal senso, è il consumo di pesce, seguito dal vino e dalla birra ), ma per tutto il resto gli italiani stanno riducendo pesantemente i consumi. Colpa, dice un sondaggio di Noto Sondaggi per Il Sole 24 Ore del Lunedì, che rivela come un’inflazione reale del 2% sia percepita come una cinque volte tanto

A Padova, in Ascom Confcommercio, non si sorprendono più di tanto. “Sono mesi che i nostri associati lamentano un calo dei consumi (a marzo -0,5% rispetto a febbraio) - confermano nella sede di piazza Bardella - calo che finisce per incidere sulle entrate delle imprese a fronte di un aumento dei costi. Il risultato è che si va sempre meno al ristorante (lo dice il 51%), a qualche giorno di ferie si sopperisce con una gita fuori porta (48%), si fa a meno del capo di abbigliamento “sicuro” per buttarsi sul low cost cinese che magari è intriso di formaldeide ma ‘fa figura’ (48%); si rinuncia alla visita specialistica (22%) e anche alla cultura e al tempo libero (18%)". Detto di pesce (36%), vino (34%) e birra (30%), sul fronte degli alimentari si tende a ridurre le spese per confetture (29%), succhi di frutta (27%), cioccolato (26%), carne rossa (20%) e si rallenta persino sullo zucchero (14%)". “Il problema - analizza il presidente dell'Ascom Confcommercio di Padova, Patrizio Bertin - è che la riduzione dei consumi ‘da percezione inflazionistica’ è figlia soprattutto delle preoccupazioni: il 61% dei soggetti intervistati ha detto di ritenere inadeguati al costo della vita lo stipendio o la pensione e il 70% si dice scettico sulla possibilità che gli aiuti approvati dal governo possano essere efficaci nella lotta al caro vita. Magari a tutti non è chiaro il meccanismo che li regola, ma di sicuro una bella fetta di consumatori (60%) ha inglobato l'idea che a dazi corrisponda aumento dei prezzi. Che il fenomeno dipenda molto dalle situazioni specifiche di ognuno lo dice chiaro il sondaggio: sono più preoccupate le donne rispetto agli uomini e gli anziani rispetto ai giovani”.

Esempio. Su abbigliamento e calzature l'inflazione reale è pari allo 0,8%, quella percepita schizza invece al 9,7%. ma se per gli uomini questa si ferma al 7,9%, per le donne sale all'11,3%. "E' il frutto avvelenato dei capi low cost - spiega Riccardo Capitanio, presidente di Federmoda Confcommercio Veneto e Ascom Padova - che con le loro bassissime quotazioni fanno sembrare costoso tutto il resto nonostante per noi sia quasi impossibile aumentare i prezzi visto che le vendite non sono certo in espansione". Servizi ricettivi (ovvero alberghi, bar e ristoranti): l'inflazione reale è al 3,8% ma la si percepisce al 12,3% (uomini al 10,9%, donne al 13,5%). "Il risultato è che nonostante i prezzi delle camere d'albergo siano stabili e si siano finalmente allineati, per Padova, ai valori pre-pandemia - aggiunge Monica Soranzo, presidente degli albergatori di Padova Hotels Federalberghi Confcommercio Ascom - la gente o riduce il soggiorno o pensa a soluzioni alternative come possono essere gli affitti brevi". Ma il caso più paradossale è quello della comunicazione (computer, smartphone, ecc.). Qui non solo siamo in presenza di inflazione ma siamo in deflazione: -4,7% nella realtà. Eppure i consumatori pensano sia al +5,9%. "La colpa, in questo caso - rivela Leopoldo Toffano, vicepresidente nazionale di Ancra Confcommercio (i negozi specializzati in elettronica ed elettrodomestici) e presidente padovano di settore - è della miriade di offerte che se da un lato hanno il pregio di contenere i costi, dall'altro non permettono un confronto "neutro", per cui si finisce per sovrapporre ad un prodotto che sta scendendo di prezzo quello che è appena arrivato sul mercato ma con un prezzo ovviamente più alto".

"I prossimi mesi - conclude il presidente Bertin - saranno importanti. Molto dipenderà dall'andamento dei costi dell'energia (che per il 74% sono i responsabili primi delle difficoltà) e dalla ritrovata o meno fiducia. Al momento solo il 25% ritiene che non dovrà modificare il proprio stile di vita, un 29% non lo ha ancora fatto ma teme che sarà costretto a farlo e il 46% è sicuro che, se non cambia qualcosa, modificherà senz'altro le proprie abitudini di spesa. Su questo il governo deve sicuramente fare qualcosa!"