Gli spari e l'eccesso di legittima difesa, i dubbi della Procura sulla tragedia in stazione
L'agente della Polfer che domenica, per difendersi, ha sparato e ucciso un migrante 26enne armato di coltello, davanti alla Stazione Porta Nuova, è indagato dalla Procura per l'ipotesi di eccesso di legittima difesa. Un atto deciso anche a tutela dell'agente, per permettergli di nominare propri consulente negli accertamenti forensi che saranno disposti dalla pm Diletta Schiaffino.
Si attende a breve l'incarico per l'effettuazione dell'autopsia sul corpo di Diarra Moussa, la vittima, raggiunto mortalmente da uno dei tre proiettili sparati dal poliziotto, quando l'immigrato probabilmente gli si stava ormai scagliando contro, armato di una lama. Il contesto, ha spiegato il procuratore capo di Verona, Raffaele Tito, "è certamente quello della legittima difesa posta in essere dall'agente. Tuttavia le indagini sono ora orientate a valutare se vi sia stata o meno una condotta colposa": fattispecie, ricorda il magistrato, "che si ha quando c'è una reazione di difesa esagerata; non c'è la volontà di commettere reato, ma viene meno il requisito della proporzionalità tra difesa e offesa, con figurandosi così una valutazione colposa e sbagliata della reazione difensiva".
“L’episodio non pare collegato ad attività criminose poste in essere dal giovane 26enne poi purtroppo deceduto, ma, anche dalla dinamica che è fin da subito emersa, appare invece essere il frutto di un forte disagio sociale o psichico nel quale egli era caduto e che sembrava incontenibile” ha spiegato Tito in una nota.
Il Comune di Verona, anche in risposta alla violenta polemica politica nata attorno al caso - innescata dal post con il "non ci mancherà" del ministro Matteo Salvini - ha precisato intanto che Moussa "era in regola con il permesso di soggiorno".
"È un immigrato regolare - ha spiegato l'assessora alla sicurezza Stefania Zivelonghi - stava lavorando, aveva un percorso di integrazione avviato. Bisogna capire cosa abbia fatto di lui una persona aggressiva in quel modo quella tragica mattina". Moussa si era visto respingere la richiesta di asilo come rifugiato. In questi giorni si sarebbe dovuto trasferire nel nuovo spazio che gli attivisti di Paratodos e di altre associazioni aveva occupato a Quinzano, un'area di proprietà comunale abbandonata da 20 anni.
Per quanto riguarda la pubblica sicurezza, il procuratore Tito ha detto di non ritenere che l'episodio "possa essere valutato come indice, o maggior indice di pericolosità della zona antistante la stazione di Verona", anche perché "il comportamento aggressivo e apparentemente senza valido movente tenuto dal giovane era stato da lui iniziato circa due ore prima ed in una zona della città distante dalla stazione ferroviaria".
Ieri sera, davanti alla stazione ferroviaria, il luogo della tragedia, si è tenuto un sit-in organizzato da "Paratodos", un laboratorio autotogestito che da alcuni mesi ospitava il giovane maliano al "Ghibellin fuggiasco", lo spazio che a Porta Vescovo accoglieva una quarantina di migranti e che era stato sgomberato.
Un momento di raccoglimento davanti alla stazione è stato organizzato anche dalla diocesi di Verona, che ha deciso di spostare in questo spazio la sede per la "Preghiera giovani" che si sarebbe dovuta tenere" nella cattedrale. "La variazione del luogo - sottolinea una nota della diocesi -, all'indomani del triste episodio avvenuto domenica mattina con la morte di Diarra Moussa, vuole essere prima di tutto un segno di speranza, di pace, di luce".