Ance Veneto: Senza norme caro materiali si fermeranno cantieri, a rischio anche Verona-Padova

"I cantieri ferroviari come la Verona-Padova e la Napoli-Bari dal primo gennaio 2025 rischiano di fermarsi. I costi dei materiali senza la compensazione dei prezzi* potrebbero schizzare verso l’alto del 30% e le aziende non potranno fare altro che imballare i cantieri e attendere tempi migliori. Ma questo significa perdita di occupazione, crollo del settore come nel 2008 e fallimenti. Tantissime aziende venete aspettano ancora i pagamenti del 2022 delle opere del Pnrr. Servono ristori per il caro materiali e va ricalibrato il prezzario regionale che non può essere fatto una volta l’anno; è evidente che dobbiamo poterlo aggiornare con modalità infrannuale come prevede il decreto legge 36 del 2023.”
Lo dice Alessandro Gerotto, presidente dei costruttori del Veneto, che ribadisce anche la posizione nazionale dell’Ance: “il correttivo del Codice degli Appalti non ingloba la compensazione dei prezzi sulla quale ci eravamo confrontati col Governo ed è chiaro che se le cose stanno così si fermeranno anche i cantieri del Pnrr. Quest’estate i veneti hanno subito disagi continui sulla linea Venezia-Milano. Si può sopportare se poi si ottengono risultati, ma invece rischiamo che i lavori per l’Alta Velocità si possano interrompere. Non dimentichiamo che tanti lavori pubblici sono stati appaltati prima del Covid e quando i prezzi dei materiali erano almeno del 30% più bassi. In un Paese come il nostro l’industria delle costruzioni può diventare trainante, ma servono risorse. Penso al Piano Casa, alla rigenerazione urbana e alla ricomposizione del dissesto idrogeologico. Ci sono zone del Paese in pericolo sia per i terremoti che per possibili eruzioni vulcaniche. E poi c’è il turismo che ha bisogno di poggiare su un territorio risanato, attrattivo e restituito alla Natura. Qui, invece, rischiamo che al 2026 dobbiamo restituire i soldi del Pnrr perché la Pubblica Amministrazione va per conto suo e non è in grado di stare aderente alla realtà.”
In Veneto ci sono circa 100.000 lavoratori impiegati nel settore edile con un numero importante di altre migliaia di lavoratori coinvolti nelle filiere correlate, come l’industria del marmo, della ceramica e delle attrezzature. Il Veneto è un importante produttore di materiali per l'edilizia, come cemento, marmo e piastrelle. Vicenza e Verona, ad esempio, sono centri importanti per l’estrazione e la lavorazione del marmo, mentre altre province come Treviso e Padova sono leader nella produzione di impianti tecnologici per l'edilizia sostenibile.
In Veneto sono presenti 48.471 imprese di costruzioni, di queste il 70% ha un giro d’affari sotto i 200.000 euro mentre, solamente l’8% ha un giro d’affari superiore al milione di euro, quindi stiamo parlando di un tessuto di piccole e medie imprese che per il 95% ha un numero di addetti inferiore a 9. Con la crisi dal 2008 al 2019, in Veneto sono scomparse quasi 16mila imprese. “Se dovesse ripetersi un crollo simile – conclude Gerotto - non avremo prospettive per i prossimi decenni, altro che transizione ecologica, casa-green e decarbonizzazione.”
* Il riferimento è alla “Revisione prezzi” e al fatto che la modifica all’art. 60 del Codice appalti va nella direzione contraria a quella chiesta da Ance, prevedendo un meccanismo che riconosce l’aumento dei costi sostenuti dall’impresa soltanto nella misura dell’80% della variazione, decurtata di 5 punti percentuali. La norma, rivista nella sua formulazione iniziale, è sempre stata interpretata da Ance nel senso che il 5% fosse una soglia che facesse scattare il meccanismo di revisione e che l’80% dell’aumento, quindi, si calcolasse sull’intero importo; solo in questo senso infatti la norma, comunque restrittiva, avrebbe avuto un effetto realmente revisionale. La nuova versione dell’art. 60, invece, introducendo una sorta di franchigia del 5%, si traduce in un meccanismo che non lascia margini significativi di recupero degli aumenti subiti, anche in una condizione di normale inflazione.