Turetta intercettato con il padre in carcere, la protesta del Garante

Anche il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, don Carlo Vinco, ha preso posizione sull’intercettazione del colloquio in carcere tra Filippo Turetta e suo padre, consegnata ad alcune testate giornalistiche, ma anche per la foto scattata in carcere durante il colloquio tra il detenuto ed i suoi familiari. Un fatto deontologicamente grave (ma pure con possibili risvolti penali) che ha registrato l’intervento - tra gli altri - anche l’Ordine dei Giornalisti oltre che dell’Unione Camere penali - ma sul quale finora il ministro della Giustizia non ha preso posizione.
Ecco il testo della lettera che don Carlo Vinco ha inviato alla direttrice del carcere di Montorio, Francesca Gioieni, all’Ufficio di Sorveglianza dei Tribunale di Verone ed ai Garanti nazionale e regionale dei dei diritti delle persone private della libertà personale:
“In questi giorni, fortunatamente, ho raccolto varie opinioni di indignazione per la pubblicazione delle intercettazioni effettuate durante il primo colloquio fra Filippo Turetta e i suoi genitori. E' stata un'operazione che al di là della sua legittimità o meno, di cui non mi compete il giudizio, è apparsa comunque come azione violenta e irrispettosa di una relazione, genitore-figlio, assolutamente intima e che dovrebbe restare privata. Le parole dette dal genitore sono senz'altro non condivisibili e sconclusionate, espresse tuttavia in una situazione di grande turbamento emotivo e psicologico.
Il colloquio sappiamo che era stato rimandato, fatto in orari diversi da quelli regolari, in luogo riservato proprio per evitare la curiosità e l'interferenza dei giornalisti. Tuttavia ai giornalisti è stato consegnato integralmente dopo pochi mesi, e davvero pare un'operazione sconcertante.
Da più parti, in questi giorni da varie persone, soprattutto interessate alla vita del carcere e alla drammaticità della situazione di questi ultimi tempi, mi è stato chiesto quale possa essere il ruolo, la responsabilità del carcere in simili situazioni. Se è vero infatti che le intercettazioni sono decise dagli inquirenti, è vero anche che il detenuto è "custodito" dal carcere anche nei suoi diritti fondamentali, fra i quali il diritto alla riservatezza, alla difesa del pudore nelle relazioni di intimità e confidenza come quella fra figlio e genitore.
Anche la foto della famiglia riunita in colloquio è sconcertante che possa essere pervenuta dal carcere, sia perché sappiamo che non è possibile scattare fotografie in carcere, e sia perché fatta in un momento che possiamo immaginare sia stato delicatissimo, doloroso e pieno di angoscia. Credo che concordiamo tutti che almeno in certe situazioni, garantire il rispetto di un minimo di riservatezza sia indispensabile per aiutare una persona a rivalorizzare la propria identità e le proprie relazioni.Violare tale intimità è oltretutto anche una violenza verso le persone, in questo caso i genitori, che nulla hanno a che fare con il fatto delittuoso.
Nasce, infine, anche una ulteriore domanda: possono essere state fatte anche altre intercettazioni durante le relazioni di dialogo e di confidenza con persone implicate in questi mesi in un rapporto con Filippo Turetta, come ad esempio la psicologa, il cappellano, il garante?”.