Unipd: da un invertebrato marino l'aiuto per capire meglio Alzheimer e Parkinson
Dall'esame di un piccolo invertebrato marino arriva un aiuto per capire meglio l'Alzheimer e il Parkinson. Con l'avanzare dell'età nel Botryllus schlosseri si osserva una riduzione del numero di neuroni e delle abilità comportamentali, come nell'uomo. Inoltre il suo cervello manifesta geni la cui espressione caratterizza malattie neurodegenerative umane quali l'Alzheimer e il Parkinson.
I tunicati, invertebrati marini molto comuni nei nostri mari, sono i parenti più stretti dei vertebrati, di cui fa parte anche l'uomo. Tra i tunicati il botrillo è al centro di un articolo sullo studio svolto dalle Università di Stanford, Padova e Cham Zuckerberg Biohub pubblicato dalla rivista scientifica PNAS perché presenta una degenerazione del cervello simile a quella umana. Capire quindi quali siano i processi che portano al decadimento del loro sistema nervoso, anche da un punto di vista evolutivo, può esser d'aiuto nel comprendere neuropatologie, spesso invalidanti, che coinvolgono un numero crescente di persone.
"È stato sorprendente vedere che nella degenerazione breve degli individui adulti il cervello cominciava a diminuire di volume qualche giorno prima del loro riassorbimento completo ovvero della loro morte. Dopo tre giorni di vita - dice Lucia Manni dell'Università di Padova - il numero di neuroni nel cervello cominciava a diminuire, così come la loro capacità di rispondere a stimoli come il tocco della loro bocca, il sifone, attraverso cui l'acqua entra per la nutrizione e la respirazione. Questi stessi segni di invecchiamento erano poi presenti anche in individui di colonie neoformate rispetto a quelli presenti in colonie di soli 6 mesi. Eravamo quindi in presenza di due processi di neurodegenerazione la cui presenza non era mai stata sospettata, uno veloce e uno lento, nello stesso organismo".
Ma ciò che è ancor più interessante è che durante entrambi i processi degenerativi il cervello dell'animale manifesta geni la cui espressione caratterizza malattie neurodegenerative umane come l'Alzheimer e il Parkinson. "Ancor più incredibile è stato poi verificare che entrambi i processi di neurodegenerazione erano associati all'aumento di espressione di geni che caratterizzano le malattie neurodegenerative nell'uomo come l'Alzheimer, il Parkinson, la malattia di Huntington, la demenza frontotemporale e altre ancora - sottolinea Chiara Anselmi dell'Università di Stanford -. Approfondire ora lo studio dell'invecchiamento e della neurodegenerazione in questo animale ci porterà a capire come il botrillo riesca a controllare e coordinare la neurodegenerazione ciclica rispetto a quella associata all'invecchiamento. Questo potrebbe svelarci qualcosa di inaspettato rispetto alla nostra possibilità di governare i processi neurodegenerativi nell'uomo".